Il Decreto Calabria si sta trasformando in un flagello, che si è abbattuto su un sistema sanitario calabrese già fragile e sta facendo sempre più danni.
Assistiamo con una certa meraviglia che anche chi ha concorso all’approvazione parlamentare di questa legge ora chiede urgentemente delle modifiche. Però, quello che ci meraviglia ancora di più, è che il nuovo Governo nazionale non si è ancora posto il problema di come evitare che questa legge sulla sanità calabrese produca ancora danni e si configuri come una sorte di “colonialismo sanitario” per la nostra regione, che rischia ora di essere “gestita” da manager che in passato hanno svolto funzioni importanti in Regioni gestite dalla Lega.
È chiaro a tutti, anche a chi ha approvato tale Decreto, che bisogna apportare modifiche sostanziali per poter garantire i Livelli essenziali di assistenza. Questo va fatto attraverso nuove assunzioni, per riaprire reparti ospedalieri chiusi per mancanza di personale e per attivare i posti letto per acuti previsti dai decreti del commissario (ad esempio nella sola provincia di Cosenza mancano in totale 350 posti letto), e la nomina di manager di livello per le Aziende sanitarie e ospedaliere della Calabria. È accaduto, invece, tutto l’opposto di quello che doveva avvenire dopo l’entrata in vigore del Decreto Calabria.
Ci saremmo aspettati, così come annunciato dal ministro della Salute Roberto Speranza, che venisse approvata una norma per porre fine all’istituto dei commissariamenti. E per intraprendere un percorso che vada nella direzione di risanare i conti e adeguare i Lea agli standard nazionali, ancora lontani da quota 160, si poteva pensare di affiancare la Calabria a una regione virtuosa, come ad esempio la Toscana o l’Emilia-Romagna.
Invece oggi, con questo documento di “Riorganizzazione dell’attività chirurgica per setting assistenziali e complessità di cura – Regione Calabria”, siamo di fronte a una convenzione che, sostanzialmente, va nella direzione di favorire scelte che andranno ad aumentare l’emigrazione sanitaria e a favorire lobby per drenare risorse calabresi verso il Nord. Per dirla più chiaramente: non vorremmo che questa fosse una occasione per dare la possibilità al presidente della Regione Veneto Luca Zaia, di fare campagna elettorale per la Lega a spese dei calabresi.
Carlo Guccione
Consigliere regionale
Riceviamo e pubblichiamo