Craxi, la questione socialista resta una grande, e aperta, questione politica

pubblicato da Gianfranco Bonofiglio

Vent’anni dopo la triste scomparsa di Bettino Craxi, ad Hammamet, in Italia la questione socialista resta una grande, e aperta, questione politica, non giudiziaria né tantomeno criminale.
Qualche anno fa, Luciano Violante-che, nei primi anni ‘90, fu tra i dirigenti del Pds più duri con il Psi e con il suo segretario-osservò: “Pensavamo di veder passare i cadaveri dei nostri avversari. Abbiamo, invece, visto passare i pezzi del nostro ordinamento costituzionale”. Si può e si deve cominciare a riflettere sul clima drammatico dei primi anni ‘90, sulla viltà di alcuni ex esponenti craxiani, passati dal codardo encomio al servo oltraggio di Bettino che, nel 1976, all’hotel Midas di Roma, venne eletto segretario al posto di Francesco De Martino. Fu Giacomo Mancini a proporre, per primo, il nome del deputato autonomista, battendosi per rinnovare il gruppo dirigente e per cambiare la linea politica del Psi che, con De Martino, era stata troppo subalterna all’allora molto forte, politicamente ed elettoralmente, Pci di Enrico Berlinguer. E, forse, non è solo un caso che Bettino e Giacomo, in periodi diversi, furono due campioni dell’autonomia socialista, entrambi avversati dai ‘poteri forti’ e vittime di lunghe e dolorose vicende giudiziarie, seppure con accuse diverse. Furono aspri i contrasti tra i due dirigenti, animati da intensa passione politica e con caratteri forti e spigolosi, ma non rinunciarono a manifestarsi, da lontano, solidarietà. Oggi gli storici devono approfondire l’inizio dello sgretolamento del principio costituzionale della divisione dei poteri, con la subordinazione, soprattutto in quella fase cruciale, del potere legislativo a quello giudiziario. Dopo la morte di Craxi, di cui sono stato amico, e la scomparsa del centenario Psi, nel nostro Paese, manca una forza autenticamente democratica, riformista, garantista, che si batta a favore dell’autonomia della politica. Come scrisse l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla vedova di Craxi, donna Anna, il ricordo dello statista milanese e la sua morte, lontana dall’Italia, costituiscono “aspetti tragici della storia, politica e istituzionale, della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali”.  Nè, a giudizio dell’ex Presidente, può venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità di Craxi, sanzionate per via giudiziaria, la “considerazione complessiva della sua figura di leader politico e di uomo di governo, impegnato nella guida dell’esecutivo e nella rappresentanza dell’Italia, sul terreno delle relazioni internazionali’”. Da condividere, infine, la giusta osservazione di Napolitano: ‘l’Italia democratica non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere’”. Giacomo Mancini- intervistato da Francesco Merlo, per il “Corriere della Sera”, il 7 novembre del 1992-difese l’operato del segretario amministrativo del PSI, Vincenzo Balzamo, stroncato da un infarto, qualche settimana prima. “La vastità del fenomeno, i flussi di finanziamento, che hanno avuto come destinatario il PSI, non sono, certamente, passati da Balzamo. Li conosceva solo Craxi”. E, dopo un colloquio, a Milano, con il pool della Procura, coordinato da D’Ambrosio, che indagava sui finanziamenti illeciti ai partiti, il predecessore di Bettino spiegò :”Quando ero segretario del PSI, non scaricai alcuna responsabilità sul segretario amministrativo dell’epoca, che era il senatore Augusto Talamona…. Negli anni più recenti, il ruolo del partito è cresciuto. E non sempre il segretario amministrativo del partito è in grado di seguire tutti i risvolti politico-finanziari, dei quali si sono interessati personaggi preminenti”. Mancini, da ex segretario, ai pm di Milano parlò di responsabilità politiche, e del funzionamento del partito, non penali.

di Pietro Mancini
Fonte: www.affaritaliani.it

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